Ci ha lasciati il professor Davide Sacchi, dopo quasi venti anni di servizio al Machiavelli, docente di Filosofia e Storia, prima - e a lungo - al Liceo classico, poi al Liceo scientifico.
Un uomo di grande cultura, di interessi profondi, di straordinaria generosità.
Si rendeva caro a tutti per la sua mitezza, la sua umiltà, la non comune capacità di ironizzare su se stesso, di minimizzare le sue doti. Assolutamente adatto a lui è l’elogio di Socrate che Alcibiade pronuncia nel Simposio di Platone: “Assomiglia a quelle statuette di sileni fatti dagli artigiani: sembrano cosa modesta, ma quando le si apre, rivelano al loro interno immagini di dèi”. E infatti il professor Sacchi dichiarava sempre di non sapere abbastanza, di non “essere” abbastanza… ma tutti coloro a cui lo diceva, sapevano benissimo quanto fossero false quelle affermazioni perché, fermandosi a parlare con lui anche solo qualche minuto - e a lui piaceva moltissimo chiacchierare - ci si rendeva subito conto di quale ricchezza interiore egli avesse.
E nel rivolgergli il nostro estremo, accorato saluto, ci auguriamo che il confronto con Socrate, a lui, professore di filosofia, possa far piacere… anche se, ancora una volta, direbbe che non se lo merita.
Gli studenti, di ora e di prima, la Dirigente scolastica, i colleghi, il personale tutto del Machiavelli, si stringono idealmente con solidarietà attorno alla moglie e ai figli: la certezza della profonda impronta che il professor Sacchi ha lasciato sarà loro di conforto in questi momenti di così grande dolore.
Ave atque vale, Davide!
Sol chi non lascia eredità d’affetti, poca gioia ha dell’urna!
Prof.ssa Lucia Piga
Caro Prof, l’abbraccio.
E' stato difficile trovare le parole per questa lettera: la morte è sempre qualcosa che non si può comprendere pienamente; siamo esseri empatici, è difficile disfarci delle nostre emozioni e pensare che “vada tutto bene”, che si può “fare a meno”.
Prof, si ricorda di questi discorsi in classe? Sono sempre stato una persona introversa, avevo paura di parlare con le persone, ho passato un’infanzia solitaria e sono stato vittima di bullismo. Il terzo anno di liceo è stato un passo in avanti per me e per la mia vita, la ringrazio con tutto il cuore, lei è riuscito a trasmettermi un amore per lo studio e per il pensiero che non si può descrivere a parole. Per i corridoi fino alla fine ho cercato il suo sguardo dietro qualche angolo: era in grado di trasmettermi gioia e serenità pure nelle giornate più buie, persino prima di una versione. Ricordo quando mi raccontava dei suoi figli, della sua infanzia piena di gioia per le piccole cose, dei suoi studi amati. Prof. Sacchi, sono sicuro che sappia quanto per me è stato importante il suo insegnamento di vita. Sapete, gli insegnanti rivestono uno dei ruoli più importanti, sono loro che hanno il potere di plasmare cuori e menti delle persone del futuro, e sono loro le candele che ci guidano nel buio. Lei è stato la mia stella polare nella notte più buia, una persona dalla dolcezza infinita, sensibile, onesta, è stato quasi un padre, mi ha dato fiducia, quando non ne avevo io. Le due ore del sabato erano le mie preferite: tanto mi piaceva discutere con lei che l’accompagnavo fino all’uscita, era come perdersi in un libro e non volersi più staccare. Ricordo le verifiche in classe come dei momenti stupendi, mi piaceva trasmettere la mia passione con le parole e mi piaceva ancora di più vedere la sua reazione e sentire il suo parere. Si ricorda dell’articolo sull’amore platonico su “La Macchia”? L’ho dedicato a lei allora e lo dedico a lei tuttora. Aver avuto il piacere di conoscerlo è stato un dono della vita, uno di quei regali che ci si porta dentro fino alla fine, grazie Prof, grazie di avermi dato così tanto.
Fede 5A 19/20
Caro Prof Sacchi,
questo è un momento che nessuno avrebbe mai voluto vivere, vorremmo tutti averla ancora qui per poter continuare a trarre spunto dallo splendido esempio di umanità che lei era, per poter continuare a confrontarci con lei e avere occasione di ascoltare i suoi aneddoti e i suoi insegnamenti per trarne delle vere lezioni di vita. Purtroppo la vita è imprevedibile e nella moltitudine di eventi che concorrono a formare quella che è comunemente detta "storia" abbiamo dovuto a malincuore assistere alla sua scomparsa.
Nel mio cuore il suo ricordo rimarrà sempre, rimarrà l’esempio che ha costituito per me: la sua personalità, la sua mitezza d’animo e profondità intellettuale sono tuttora un punto di riferimento, un modello da seguire e a cui ambire. Lei è stato più di un semplice professore, quello che mi porto dentro dagli anni trascorsi con lei è una vera lezione di vita. Posso affermare che lei è stato il mio “Vitae magister”, è riuscito a piantare in me i semi del sapere, inteso non nel suo senso nozionistico, ma piuttosto come “fame intellettuale”, una continua voglia di confrontarsi con il mondo che ci circonda, osservarlo, comprenderlo e amarlo. Tantissimi sono i momenti trascorsi insieme che porto nel cuore, e che in questo triste momento affiorano come a volerla riportare qui con noi; innumerevoli le sue parole che sono rimaste indelebilmente scritte nella mia memoria, a testimonianza dello splendido esempio che ha costituito per me.
Mi ricordo in modo molto lucido come il suo essere semplice fosse allo stesso tempo l'unione di una profondità d’animo fuori dal comune e un’umiltà straordinaria. A lei devo tanto a livello morale, a livello umano: una sua frase mi è rimasta impressa più di tutte le altre, una frase semplice ma di una profondità intellettuale immensa, che ha detto a me e ai miei compagni di classe all’inizio del nostro percorso: “Questa scuola vi accoglie tra le sue braccia come legni grezzi, vi accompagna in un percorso di crescita e vi lascia ormai legni pregiati”. In questa frase ci raccontò che era racchiusa anche la sua esperienza di studente, che viveva la scuola come un dono, come una grande possibilità che le era stata offerta e che le aveva permesso di crescere e maturare. Porto nella memoria i racconti della sua adolescenza, di Genova, del Liceo, dell’Università, degli amici: apparentemente semplici aneddoti che racchiudevano un significato estremamente profondo: erano i racconti di esperienze in cui singolarmente potevamo ritrovarci, su cui potevamo riflettere e da cui trarre spunti, riflessioni, nozioni da applicare nella nostra vita. Parlando con lei si intuiva subito quanto fosse profondamente legato ai suoi affetti e alla sua tanto cara ricerca del sapere, e come, dietro quell’umile velo che mostrava all’esterno si nascondesse nella realtà una persona straordinaria.
Vorrei poterla rincontrare un’ultima volta, anche solo per dirle grazie, grazie di avermi reso “un legno pregiato”.
Come acqua di fiume
Tutto scorre e muta
Così l’anima mia
Di cui non conosco il confine.
(Eraclito)
Il suo studente,
Matteo Priore 5A 19/20
Ogni ricordo suo che riemerge inizia sempre con un sorriso, quel sorriso genuino che portava con sé ogni giorno nell'entrare in classe e che contagiava anche gli spiriti piú testardi.
Si sedeva alla cattedra, appoggiava la sua borsa, puliva i suoi occhiali e iniziava le sue lezioni... lezioni: forse é un termine diminutivo.
Quando parlava di un argomento non lo spiegava soltanto, lo trasformava in una storia. Raccontava e si raccontava.
L’umorismo nel narrare il suo vissuto era coinvolgente.
Non era per noi solo un insegnante, ma un uomo. Un uomo come tutti noi, perché era l'umanitá fatta a persona.
Sapeva toccare lo spirito di tutti con il suo modo di fare. Giocondo, genuino, divertente. Emanava un'aura potente, eppure innocua e in grado di sedare ogni negativitá.
Abbiamo sempre colto che il suo dovere per lui non era insegnare, ma educarci, rendere i suoi studenti delle persone migliori, oneste con se stesse. Accompagnarci, e non spingerci verso il futuro.
Ci voleva bene. Si é sempre preso cura di noi. Non era lí per il suo ufficio d'insegnamento, era lí per noi.
Vorremmo lasciare piú che queste poche righe per un uomo che ci ha lasciato piú di quanto ci era dovuto. Eppure proprio per la sua spontaneitá e genuinitá, ha lasciato a tutti un segno che ancora oggi portiamo al cuore e ci conforta proseguire la nostra vita dopo aver scoperto che al mondo ci sono uomini di tale bontà. Ognuno a suo modo, lo ricordiamo non solo per ció che ha fatto ma soprattutto per ció che era.
Siamo usciti da questa scuola un anno fa, e quando ci troviamo, quando usciamo insieme, non manca mai nei nostri discorsi: è parte di noi.
Gli studenti della 5AC 2018/19
Il famoso Panta Rei di Eraclito. Tutto scorre. Ce lo ha insegnato il Professor Sacchi. Eppure sa Prof. che forse alla fine Eraclito non è che avesse proprio ragione, perché c'è qualcosa che invece non passa, che rimarrà per sempre impresso in questa scuola e nelle nostre menti: il suo ricordo.
In terza ci chiedevamo tutti come sarebbero stati i nostri nuovi professori e quando domandammo a proposito del Professor Sacchi, la risposta che ricevemmo fu questa: "È un grande". Non buono, cattivo o severo. Un Grande. Poi abbiamo capito perché. Tra un filosofo e l’altro, infatti, era solito raccontare alcune ‘’pillole’’ di vita divertenti ma molto profonde. Si avvicinava al banco, sorrideva e descriveva la sua infanzia, la sua cara Genova, la sua famiglia e le sue esperienze. Il clima in classe era spensierato, tranquillo e rilassato, come dovrebbe essere in ogni momento. Per questo ricorderemo sempre il prof. Sacchi come un grande uomo, capace di rasserenare le menti con la sua gentilezza, la sua umanità, il suo viso allegro.
Arthur Schopenhauer diceva: "Il grande dolore che ci provoca la morte di un buon conoscente ed amico deriva dalla consapevolezza che in ogni individuo v'è qualcosa che è solo suo, e che va perduto per sempre". Questa frase rispecchia molto bene i sentimenti che stiamo provando noi studenti. Il professor Sacchi aveva davvero qualcosa di unico, qualcosa di speciale che noi abbiamo avuto solo l'onore di assaporare nel periodo in cui è stato nostro professore. Ci si poteva accorgere di quanto fosse una brava persona anche solo parlando con lui pochi minuti, perché in quel lasso di tempo riusciva a far ridere e stare bene.
Ora quindi desideriamo che riposi in pace, che la sua famiglia superi il dispiacere e che permanga sempre un pó della sua bontà d’animo nei nostri ricordi, e magari nelle nostre azioni.
Ci mancherà molto prof.
La sua 5A 2020/21
Il poeta inglese Robert Browning ha tradotto così un verso dell’Agamennone: "God from afar looks graciously upon a gentle master”. Master, in inglese, è sia il padrone, come è inteso nell’Agamennone, sia il maestro. Ed è in questa accezione che mi piace pensare oggi a Davide, come a un maestro gentile che qualcuno, lassù, guardi con benevolenza.
Enrica Piano
Ciao Davide!
Sono arrivata al Machiavelli diversi anni fa: era il Settembre del 2007; attraversavo Milano in macchina, abitando esattamente dall’altra parte della città. Era l’anno della mia immissione in ruolo, avevo 33 anni. Tu sei stato il mio tutor. Al classico c’eravamo solo tu ed io come docenti di storia e filosofia, eravamo anche separati dalla sede centrale.
Ho tanti ricordi legati a te, ma soprattutto ricordo la tua camminata. Pacata. Come il tuo stato d’animo, il tuo sorriso, le nostre chiacchierate vicino alla finestra della sala professori. Entrando, in fondo a sinistra. E anche, uscendo da scuola, nel parcheggio. Commentavamo la giornata, ma anche quello che accadeva nel mondo. Parlavamo di tutto: politica, le nostre famiglie, i ragazzi – il classico era una realtà molto piccola: io conoscevo i “tuoi” e tu conoscevi i “miei”.
E poi, pacatamente ti avviavi alla macchina. Ho sempre associato la tua camminata ad una pacatezza interiore, una sorta di tranquillitas animi, non so se reale o più apparente. Io correvo sempre, non perché fossi in ritardo, ma perché…ero (e forse sono) sempre agitata. “Ah, le donne!”, mi dicevi. Ma ci siamo confrontati molto. Ricordo una verifica di storia per le quinte, età giolittiana e prima guerra mondiale. “Troppo difficile”, mi hai detto. Mi fidavo molto di te e l’ho semplificata, mostrandotela prima di darla ai ragazzi.
Sono rimasta al Machiavelli 7 anni, ho legato con tante persone, ho conosciuto diversi docenti nei confronti dei quali nutro profonda stima e sincero affetto. Con qualcuno ho stretto anche un legame di amicizia. Poi si sa, la vita corre più veloce di noi, ma io so che quello che siamo è anche per le persone che abbiamo incontrato.
Da quando nel 2014 ho avuto il trasferimento non ci siamo più visti. Ho chiesto spesso di te alle persone (poche) che vedo ancora. Ho saputo della tua malattia. Da distanza ti ho seguito. Non l’hai mai saputo. A me però piace pensare che in qualche modo il bene che vogliamo alle persone arrivi.
Ti ho voluto bene, Davide. Ti sono grata per il tuo rapporto con gli studenti da cui ho imparato tanto. Ho letto con commozione quello che gli studenti ti hanno scritto. Ma soprattutto tu sei una di quelle persone che mi ha insegnato una verità fondamentale per la mia vita, una delle mie poche certezze: facciamo un lavoro meraviglioso.
Il 3 pomeriggio ho saputo da un messaggio di un comune amico e collega, Sergio, che ci avevi salutato. Altri poi mi hanno scritto…Ho pensato che il modo più bello per salutarti (dal momento che purtroppo non ho potuto partecipare al tuo funerale) fosse raccontare qualcosa di te ai miei studenti di adesso e lunedì 5 sono entrata nelle mie classi e ho fatto così. Ho letto loro un passaggio dell’Apologia di Socrate e ho detto che era per un amico che mi ha aiutata ad essere l’insegnante che sono. Credo importante che gli studenti colgano la nostra umanità, con le sue profonde gioie e la triste fatica dei distacchi.
Bisogna che abbiate buone speranze davanti alla morte, e dovete pensare che una cosa è vera in modo particolare, che ad un uomo buono non può capitare nessun male, né in vita né in morte: le cose che lo riguardano non vengono trascurate dagli dei.
Ciao Davide! Grazie
Maddalena Pisati
Sapevo che Davide era una persona speciale, ma alle sue esequie mi sono accorto che il termine “speciale” è molto riduttivo per Davide…
Orlando Donnemma
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